“Perché hai scelto di iscriverti al Bando del Servizio Civile Universale?”
Questa è stata la prima domanda che mi è stata posta al colloquio di selezione. Ricordo di essermi preparata una lista di motivazioni, quelle che normalmente vengono usate, frasi come “Spendere un anno della propria vita a favore degli altri”, “Fare un’esperienza di volontariato”, “Sentirsi utile nei confronti di chi chiede aiuto”; ma quando mi hanno posto questa semplice domanda a cui ero pronta a rispondere con nozioni sull’altruismo, in realtà mi sono fermata per qualche secondo a pensare. Ho deciso in quel momento di dire esattamente quello che mi sentivo, di raccontare ciò che provavo dentro di me, ho detto la verità.
Mi sono iscritta al bando perché ho attraversato un inverno lungo, fatto di giornate interminabili in cui mi svegliavo con l’ansia e andavo a letto con l’ansia, sospiravo e sbuffavo perché non sapevo come affrontare la giornata, avevo un macigno nello stomaco composto da insicurezze, paure, perdita di autostima e consapevolezze legate a me stessa e alle mie capacità; trascorrevo le ore senza avere uno scopo, un obiettivo, pervasa da mille pensieri sul futuro, inerme a ciò che mi succedeva intorno.
Nonostante avessi una laurea triennale in lingue straniere e diverse esperienze lavorative alle spalle, mi sentivo un pesce fuor d’acqua, a 27 anni avevo ben chiaro ciò che non mi sarebbe piaciuto fare nella vita, ma l’angoscia di non sapere cosa mi piacesse fare era un tornado che mi travolgeva.
Fino a che un giorno, una mia cara amica mi ha parlato del Servizio Civile come un’esperienza che potesse rialzarmi e attivarmi per aiutare gli altri ma soprattutto me stessa: mi si è subito una luce, una speranza, una possibilità di riscatto, ho intravisto un cammino di cui non sapevo bene la destinazione ma allo stesso tempo un ponte con delle solide fondamenta da cui sentivo che era impossibile barcollare.
Dopo tanto tempo in cui venivo travolta dai pensieri HO SCELTO DI DECIDERE: ho consultato i progetti attivi nel piccolo paesino in cui vivo, Mercato Saraceno, e non ho esitato un secondo nella scelta dell’ambito: l’educazione. Una volta compilata la domanda online, mi sono accorta che stavo sorridendo, ero soddisfatta di me stessa: finalmente avevo reagito.
E ora, da settembre 2021, mi ritrovo come operatrice volontaria in quella che è la mia ex Scuola Primaria; affianco alunni con disabilità, disturbi dell’apprendimento e del comportamento e grazie alla formazione prevista sto imparando tanto. Più passo il tempo con i bambini e più mi rendo conto di quanto io sia fortunata: con i loro bronci che lasciano subito spazio ai sorrisi, mi stanno insegnando più cose di quante ne possa insegnare io a loro. Mi alzo alla mattina contenta di affrontare la giornata, finisco il mio turno chiedendomi “È già finito?”, vado a letto in pace con me stessa.
Ad oggi sento e credo fermamente di esser stata coraggiosa a lasciar vivere dentro di me quelle emozioni negative; se fossi fuggita da esse penso che a quest’ora mi sarei ritrovata in balia del primo impiego che mi capitava. Quindi è con grande convinzione ed estrema felicità che affermo:
il Servizio Civile mi ha salvata!
Francesca Capacci